Tema

Forse dobbiamo ammettere che non siamo stati proprio originali, ma potevamo forse non considerare un evento così importante per la Chiesa? Qualcuno potrebbe dire che potevamo certamente, ma in realtà non volevamo farlo! Non volevamo perdere l’occasione di un tema religiosamente connotato per metterlo al centro di una rilettura esistenziale che possa provocare la vita e la fede di tutti, dandole senso nuovo.

Non è la prima volta che gli eventi mondiali ed internazionali che l’anno ci offre, vengono scelti come tema del Cre-Grest: chiudiamo gli occhi, torniamo indietro di 10 anni e pensiamo al cibo con TUTTIATAVOLA in concomitanza dell’Expo a Milano del 2015 o pochi anni fa al ritmo di TUXTUTTI, in cui il tema della cura si è ispirato al famoso I CARE di don Lorenzo Milani, di cui ricorreva il centenario della nascita. E potremmo continuare ancora, ma preferiamo guardare a ciò che ci aspetta e presentarvi nel dettaglio ciò che accompagnerà l’estate 2025 e che lasciamo alla vostra creatività per una declinazione adatta alla realtà di riferimento.

In generale, il Giubileo

Come primo punto, vogliamo guardare al Giubileo come un evento straordinario da celebrare e che sentiamo prezioso per aiutare a rileggere l’ordinario, a riscoprire uno stile di abitare la storia più umano, fraterno e sostenibile, facendoci fare esperienza di un Dio venuto tra noi a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore (Luca 4, 18-19).

E il Giubileo è un anno di grazia del Signore nel quale desideriamo riscoprire la relazione con Lui, facendo memoria delle grandi cose compiute nella nostra vita, ma soprattutto del suo essere accanto a noi oggi e sempre. Il Giubileo non solo con uno sguardo rivolto al passato, ma al presente da vivere e al futuro da costruire.

E allora l’immagine principale che desideriamo consegnare è quella di una porta a cui bussare perché l’esperienza di bene si apra di fronte a noi. E all’apertura di questa porta ci possa raggiungere un annuncio: Io sono con voi tutti i giorni, io ci sono, incontrando la straordinarietà di un Dio che non ci abbandona. E questo sì che può davvero cambiare l’ordinario, perché sappiamo di non essere mai soli. Il Giubileo mostra il volto di Dio misericordioso e fedele, che ci ama a tal punto da rimanere e camminare con noi. È Lui il primo pellegrino di speranza. Sceglie di camminare da uomo, con il suo popolo per infondere la speranza, per essere la Speranza. E allora anche noi siamo invitati da pellegrini di speranza a bussare alla porta per trovarLo con noi tutti i giorni. Per incontrare i fratelli e vivere con loro esperienze che abbiano il sapore dell’inedito e il profumo di un cammino più umano da percorrere insieme per cui vogliamo spenderci “Adesso, non domani”:

in questo adesso del Giubileo. Non domani, perché bisogna lavorare per i bambini e per il futuro, e l’essere umano d’onore non lascia agli altri la pesante eredità dei suoi “adesso” traditi. Bussiamo, entriamo nell’esperienza con la certezza di non essere soli. Certezza che diventa la nostra speranza più vera!

Bussiamo, entriamo nell’esperienza con la certezza di non essere soli. Certezza che diventa la nostra speranza più vera! E già questo ci sembra il primo messaggio profetico e rivoluzionario di questa estate: in questo tempo di solitudine dilagante, di individualismi difesi con le unghie e con i denti, noi possiamo e vogliamo, con fede e coraggio, annunciare la forza del “noi”, chiamati per ciò che siamo, radunati da fratelli in comunità, liberati da un amore la cui unica misura è il tutto.

Concediamoci una piccola precisazione, non stiamo dicendo che il Cre-Grest diventa il Giubileo dei bambini e dei preadolescenti, degli animatori e dei coordinatori o di chiunque altro condivida questa esperienza. Stiamo accogliendo la sfida di raccogliere le dimensioni serie ed importanti per la vita che caratterizzano ogni anno giubilare che la Chiesa celebra ogni 25 anni e che poggiano sulle domande serie ed importanti che, durante l’esilio in Babilonia, agitano la coscienza di Israele attorno alla comprensione di chi sono e di chi è il Signore: come mai tutto questo male? Cosa rimane in mezzo a tutto questo dolore? Per chi e di chi è Dio?

Forse questo tempo che viviamo non è molto diverso da quello che agitava il cuore degli uomini e delle donne di altre storie, epoche e tradizioni. Sicuramente però l’impresa coraggiosa è quella di accogliere la realtà e le sue contraddizioni per farne occasione di nuova narrazione da scrivere insieme, scombinando i piani di questa storia e praticando concretamente il bene possibile senza un copione chiaro se non agire per dare vita, per far vedere qualcosa e Qualcuno che affascina di più!

In particolare, le 6 dimensioni

IL RIPOSO

Dichiariamo subito che non si tratta del pisolino pomeridiano per ricaricare le energie post-scuola o di una buona notte di sonno che ci fa svegliare pronti per affrontare la giornata. La logica è quella del riposo sabbatico del Libro del Levitico 25: “Quando entrerete nella terra che vi do, la terra farà il riposo del sabato in onore del Signore: per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti, ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore”. E l’anno del Giubileo può essere considerato come un grande sabato che ci dà la possibilità, non tanto di non fare niente di niente, ma di scoprire che siamo di più di ciò che facciamo e produciamo. E che solo riposando periodicamente, come la terra, possiamo rigenerarci e rigenerare noi stessi e il mondo.

E allora, ci fermiamo perché:

  1. c’è qualcosa di straordinario che accade
    Intorno e dentro di noi, nelle nostre relazioni, negli spazi che abitiamo e nelle esperienze che facciamo. È solo rallentando che possiamo distinguere le cose che contano, i volti degli amici, il sole che tramonta e un buon pranzo condiviso…
  2. ci accorgiamo che non tutto dipende da noi
    ma che c’è un di più di gratuità e dono di cui poter gioire ed essere grati. Possiamo imparare a mandare in pensione l’ansia da prestazione e il delirio di onnipotenza per scoprire che è bello, buono e giusto lasciar spazio a qualcun altro, lasciar fare a Dio.
  3. possiamo contemplare e godere nel riposo
    ovvero in quel tempo che ci concediamo per rigenerarci e poterci accorgere di ciò che abbiamo fatto. Qui si tratta di imparare da Dio, dal settimo giorno in cui decide di fermarsi e di contemplare le cose buone che ha fatto.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
ha fatto esperienza di un riposo così quel giorno in cui Gesù l’ha chiamato ad essere pescatore di uomini. È salito sulla sua barca e gli ha chiesto di spostarsi dalla riva perché più gente potesse ascoltarlo insegnare. Chissà che stupore per Pietro o forse fastidio per aver interrotto il suo lavoro quotidiano, ma anche lui poi si è seduto e ha ascoltato parole buone, non sue, da cui è cominciato lo straordinario cammino accanto a Gesù.
Questo episodio che ci guiderà nella preghiera, viene raccontato nel vangelo di Luca al cap. 5, 1-11.

In concreto al Cre-Grest,
progettiamo dei momenti in cui non fare attività né grandi giochi costruiti a regola d’arte, delle occasioni in cui impariamo il ritmo lento dell’osservare, dell’immergersi nella natura, dell’accorgerci del bello che ci viene donato.

LA MEMORIA

Fare memoria è un bellissimo esercizio di speranza perché, riportando al cuore (ricordare) il bene ricevuto, possiamo continuare (o ricominciare) a camminare con entusiasmo e fiducia, anche di fronte ai racconti disastrosi che ci vengono presentati ogni giorno. Qui la logica è quella di Deuteronomio 8: Ricordati di tutto il cammino! È un allenamento a fare tesoro della storia e del passato con lo sguardo sempre rivolto al presente e al futuro di cui siamo parte e di cui siamo chiamati a diventare responsabili.

E allora, facciamo memoria perché:

  1. siamo parte di una storia
    della nostra famiglia, del nostro paese, della nostra comunità fino del mondo. Possiamo vedere questa storia che ci precede come un’eredità preziosa, una possibilità o un ostacolo. Ma comunque sia, ci siamo immersi e può fare molto bene, raccontarla e raccontarcela
  2. riconosciamo le luci e le ombre della nostra vita
    e su queste, non su altro che ci siamo costruiti noi o che altri si aspettano, costruire ciò che siamo. Fare memoria è un bell’esercizio di autenticità e di coraggio, è più di sfogliare l’album delle fotografie, ma è tornare a quei ricordi per capire come ci hanno aiutato o ostacolato nel diventare i bambini, i preadolescenti, gli adolescenti, i giovani e gli adulti che siamo.
  3. ci assumiamo la responsabilità di un domani migliore
    così come siamo e per il pezzo di storia che ci è dato di scrivere. Fare memoria è saper custodire il bene ricevuto e decidere di restituirlo perché c’è bisogno del contributo di tutti per custodire e coltivare il mondo.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
ha potuto cominciare ad intuire cosa significa tutto questo quando Gesù ha deciso di cambiare il suo nome da Simone a Pietro, appunto. Lui il pescatore pescato per pescare altri uomini, completa la sua missione con la chiamata ad essere pietra su cui fondare la Chiesa. Più volte nel Vangelo, sarà poi chiamato Simon Pietro: chiamato a una responsabilità nuova per quel che è, nel bene e nel male. Questo episodio che ci guiderà nella preghiera, viene raccontato nel Vangelo di Matteo al cap. 16, 13-19.

In concreto al Cre-Grest,
decidiamo di dare casa alla storia dei bambini e dei preadolescenti, costruiamo occasioni di dialogo intergenerazionale e diamo agli adolescenti e ai giovani la possibilità di responsabilità serie dentro cui misurarsi per ciò che sono. Custodiamo ogni momento perché possiamo farlo diventare memoria condivisa.

LA RICONCILIAZIONE

Indulgenza, perdono, confessione, remissione dei peccati sono forse parole che spontaneamente stiamo associando a questa dimensione. E magari ci siamo anche chiesti cosa poterne fare al CreGrest che già è difficile pregare insieme. Cominciamo a guardarla come uno stile urgente da abitare e da fare nostro come uomini e donne: nel Giubileo biblico si trattava di un ritorno alle condizioni di giustizia per tutti (debiti condonati, terre restituite, schiavi liberati), per noi può significare mettere in pratica delle azioni concrete e quotidiane di ricucitura e di convivenza buona tra generazioni, tra culture, con la propria storia di vita e di fede.

E allora, ci riconciliamo perché:

  1. siamo amati senza giudizio
    prima di tutto da Dio, poi da tutte quelle persone che ci stanno accanto, pur conoscendo i nostri limiti e i nostri difetti. Non si tratta di “nonostante” perché sarebbe ancora una forma di giudizio (Anche se sei così, io ti voglio bene!), ma quasi un “proprio perché” (Ti voglio bene per come sei!), sapendo che in qualche occasione servirà imparare l’arte della correzione fraterna e delle scuse esplicite.
  2. il bene che possiamo fare è più grande del male che abbiamo fatto
    proprio grazie a tutte le volte che gli altri ci perdonano e ci permettono di ricominciare, grazie al credito di fiducia che riceviamo senza sentire di meritarcelo. Possiamo imparare a non rimanere ancorati agli sbagli che ci trascinano a fondo, ma a trovare le forze per risalire in superficie, rispondendo con il bene. Come diceva don Bosco, non esistono cattivi ragazzi e come continua don Claudio Burgio, esistono cattiverie da cui doversi liberare.
  3. costruiamo un mondo di pace, disinnescando la logica della vendetta
    e non possiamo negare di quanto bisogno ci sia di costruire la pace, che è un dono ma anche un impegno. Questo vuole suonare come un invito, una chiamata come diceva don Tonino Bello: In piedi, costruttori di pace!. Se siamo mai stati a pregare sulla tua tomba, proprio questa frase si trova in quel luogo.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
ha dovuto fare i conti con quel “settanta volte sette” che Gesù ha dato come misura del perdono. Come a dire che bisogna perdonare infinite volte. E possiamo solo immaginare cosa abbia pensato Pietro, forse basti ascoltare cosa sta risuonando in noi. “Settanta volte sette” è la possibilità di liberare futuro, di dare avvio a nuovi inizi che salvano. Questo episodio che ci guiderà nella preghiera, viene raccontato nel Vangelo di Matteo al cap. 18, 21-35.

In concreto al Cre-Grest,
prestiamo attenzione non solo al fare, ma anche allo stile dello stare insieme. Non scappiamo dai conflitti, né minimizziamo le litigate ma proviamo a farle diventare occasione per fare esperienza di pace, di perdono dato e ricevuto. Rendiamo le nostre giornate insieme capaci di “Ciao, grazie, scusa e per favore” e perché no, ritagliamoci anche un tempo e uno spazio per celebrare la Riconciliazione.

IL RADUNO

Nelle feste ebraiche avviene al suono del corno, lo shofar, e tra queste ricorrenze troviamo anche l’anno del Giubileo. Chissà quante volte nella vita ci siamo ritrovati in mezzo a tantissima altra gente, tutta concentrata in uno stesso luogo (concerti, mercatini di Natale, spalti di una partita, la GMG, ecc.), ma è più forse difficile individuare cosa e chi ci ha convocati, se c’è stato un punto di inizio di questo movimento. Ogni raduno ha la sua chiamata e la sua motivazione.

E allora, ci raduniamo perché:

  1. abbiamo risposto alla stessa chiamata
    siamo tutti accorsi perché qualcuno ci ha invitato, qualcosa ci ha attirato ed è molto bello darsi del tempo per capire chi e che cosa è stato. E una volta radunati, è ancora più bello se non condividiamo semplicemente uno spazio senza neanche guardarci, ma una bella esperienza da vivere insieme.
  2. ci incontriamo come fratelli e sorelle
    non solo come degli estranei che decidono di fare una stessa cosa, ma come persone in relazione non perché si sono scelte, ma perché parte di una stessa famiglia: “in nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra noi, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace” (Papa Francesco)
  3. scopriamo come comunità è più bello
    anche se non per forza è più facile. Si tratta dell’esperienza profetica del “noi”, di qualcosa più grande di sé e delle proprie relazioni più strette, a cui appartenere, condizione essenziale per poter abitare umanamente questo mondo e provare a renderlo migliore.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
non ha potuto scegliere di stare solo perché fin da subito è stato chiamato con altri, fratelli di sangue e non solo. A due a due, in settantadue, i Dodici: mai Gesù ha pensato ad una missione in solitaria, neanche per sé che è Dio! Ha sempre cercato fratelli e sorelle con cui stare, mangiare, percorrere le strade della sua terra. Perché non dovremmo fare lo stesso? Questa dimensione su cui siamo invitati a pregare, viene raccontata in particolare nel Vangelo di Marco al cap. 3, 13-19.

In concreto al Cre-Grest,
rendiamolo un’esperienza di comunità dove imparare a stare insieme come fratelli e sorelle. I bambini non hanno scelto i loro compagni di squadra, i preadolescenti non hanno scelto i loro animatori e gli animatori si sono trovati con quei bambini e guidati da quei coordinatori: che sia occasione per apprezzare la diversità, per aprirci alla novità e per imparare davvero come essere fratelli e sorelle.

IL RITO

Inquadrare questa dimensione è complesso: perché rischiamo di ridurla ai gesti quotidiani di routine o di relegarla solo alla dimensione celebrativa della liturgia. Sicuramente il rito è un’azione che si ripete e che nel ripetersi, stabilizza la vita e le dà un senso. Potremmo dire che la rende perché creano un forte rapporto con il mondo, senza continuamente farci chiudere su noi stessi. Possiamo sicuramente pensare ai riti di passaggio che stanno scomparendo: ci mettono a confronto con noi stessi per aprirci ad altro, per spingerci verso altro ed altri.

E allora, viviamo il rito perché:

  1. ci prepariamo a vivere quanto accade
    invitandoci a interrompere la routine dentro la quale siamo immersi per segnare un cambiamento di stile, di esperienza, di tempo e di spazio. Può essere un rito di passaggio che fa crescere, un rito collettivo che ci fa sentire parte, un rito celebrativo che ci mette in relazione con Dio, un rito familiare che rassicura.
  2. sperimentiamo la gratuità che serve
    e che ci serve perché quei riti non servono nella logica utilitaristica del mondo, né sono indispensabili per vivere ciò che dobbiamo vivere. Ma quei gesti sono la gratuità che rende sopportabile la routine, il dovere, le cose da fare, ad esempio il bacio della mamma prima di andare a scuola che non serve per la didattica, ma per far sentire custodita e amata quella giornata.
  3. ci alleniamo come uomini e donne a sentire il mondo come casa
    perché non si tratta più solo di sopravvivere e di condividere del tempo, ma di creare degli spazi e dei simboli che fanno sentire a casa, appartenenti a qualcosa e Qualcuno.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
ne ha vissuto uno particolarmente difficile da digerire: la lavanda dei piedi. All’inizio non poteva sopportare che il Maestro facesse un gesto da servo, poi è stato Gesù a trasformare il significato e a renderlo nuovo, facendolo diventare lo stile dei suoi discepoli: il servizio. Lavare i piedi era necessario per consegnare lo stile dei suoi discepoli? Forse no, ma così ha reso possibile la ripetizione di gesti concreti, prima ricevuti e poi donati. Questo episodio che ci guiderà nella preghiera, viene raccontato nel Vangelo di Giovanni al cap. 13, 1-13.

In concreto al Cre-Grest,
viviamo insieme dei riti, facendo una ricognizione di quelli che sono parte della storia della nostra comunità e delle persone che la abitano e inventandone di nuovi che diano significati nuovi all’esperienza e alla vita dei bambini e dei preadolescenti.

LA FESTA

Candeline, festoni e regali ed è subito festa di compleanno. Lucine, albero e tavola imbandita e fa subito Natale. A casa dal lavoro e dalla scuola e fa subito festività civile. Quanti diversi modi di fare festa e quanti diversi eventi tutti chiamati così, ma forse un po’ riduttivo. Chiaramente queste sono tutte feste, ah dimenticavamo la festa finale del Cre-Grest, ma addentriamoci meglio nel festeggiare come parte essenziale dell’essere uomini e donne.

E allora, facciamo festa perchè:

  1. diciamo grazie dei doni ricevuti
    prima che aspettarci dei nuovi regali. Festeggiamo perché c’è qualcosa che abbiamo vissuto che ci ha fatto bene, che ci ha fatto felici, che ha reso più bella la nostra vita.
  2. sentiamo una grande gioia nel cuore
    e non vogliamo tenerla solo per noi. Non si tratta del raggiungimento di un traguardo o di un’altra candelina sulla torta, ma di festeggiare il percorso che ha portato a questo.
  3. mettiamo al centro il festeggiato
    non preoccupandoci solamente di una perfetta organizzazione, ma di invitare e festeggiare ciò e chi conta davvero.

Pietro, discepolo di Gesù e nostro compagno di viaggio in questo Cre-Grest,
ci insegna l’arte del festeggiare in un episodio che è successivo alla resurrezione di Gesù, quando, insieme agli altri discepoli, ai suoi fratelli, viene colmato di Spirito Santo. Sì, proprio quando scendono le lingue di fuoco sulle loro teste e cominciano a parlare in tutte le lingue degli uomini per poter annunciare a tutti che sarà festa infinita con te, Signore! Questo episodio che ci guiderà nella preghiera, viene raccontato negli Atti degli Apostoli al cap. 2, 1-4.

In concreto al Cre-Grest,
impariamo a fare festa, ringraziando per tutto il bene che riceviamo, gioendo per tutte le cose belle che ci capitano e mettendo al centro del nostro stare insieme Gesù e tutti i fratelli e le sorelle con cui condividiamo le giornate.